Il sistema idrografico naturale e artificiale

di Livio Rossetti

La pianura novarese non si estende uniformemente da una sponda all'altra dei fiumi Ticino e Sesia che la delimitano alevante ed a ponente, ma degrada da NNO a SSE ed è solcata longitudinalmente, secondo la stessa inclinazione, dagli alvei dei torrenti Agogna, Terdoppio ed Arbogna.

Il Ticino

Il fiume Ticino, lungo 248 km e con un bacino idrografico di 7230 km², ha origine presso il passo di Novena, nel massiccio del S. Gottardo in Svizzera e, dopo essersi gettato nel Verbano, ne esce presso Sesto Calende; da qui il fiume scorre maestoso verso la Pianura Padana, segnando per un tratto il confine tra la provincia piemontese di Novara e le lombarde di Varese e Milano. Nel primo tratto il fiume scorre incassato tra le terrazze dell'alta pianura, poi, entro le proprie alluvioni, suddividendosi in numerosi rami dal tracciato raramente omogeneo e stabile, prima di immettersi nel Po, a valle di Pavia.

Il Ticino, grazie alla regolazione del Verbano che consente un parziale invaso delle acque di piena, rappresenta la fonte idrica di più sicuro affidamento anche dal punto di vista qualitativo delle acque.Dopo Sesto Calende, il Ticino scorre tra le terrazze dell'alta pianura, estremamente permeabili, formate da coltri moreniche pleistoceniche ghiaiose, tanto che il grado di permeabilità del Ticino è pari al 28%.

La portata massima del Ticino fu registrata il 2 ottobre 1868 con ben 5000 m³/s, mentre la minima è del 16 gennaio 1922 con soli 35 m³/s. Di regola, le portate sono minime nel periodo invernale; aumentano considerevolmente da marzo-aprile per la concomitanza tra le piogge primaverili e l'inizio dello scioglimento delle nevi e poi dei ghiacciai alpini, poi si riducono all'inizio dell'estate per riprendere da agosto fino all'autunno, a causa delle piogge intense di quel periodo.

Molte sono le derivazioni d'acqua praticate alla sua uscita dal Verbano (basterebbe ricordare i vari navigli milanesi), tanto che a sud di Oleggio sarebbe già quasi asciutto se non intervenissero gli apporti di molte sorgenti. Questo fenomeno di risorgenza interessa tutto il corso del fiume; la falda freatica, a mezzo dei fontanili, restituisce parte dell'acqua prelevata a monte rigenerandolo così in continuazione. L'importanza di questo fiume è sottolineata anche dalla presenza di una vasta zona di boschi di robinie, carpini, querce, salici, pioppi italici, aceri ed ontani, che copre l'intera vallata sulla sponda novarese.

La Sesia

Ad ovest, la bassa è delimitata dalla Sesia che nasce dalle pendici sudorientali del Monte Rosa, poco a nord di Alagna e scende tortuosamente per tutta l'alta Valsesia, poi, con direzione NNO-SSE, sino a Frassineto Po, presso Casale, dove si immette nel Po in corrispondenza del comune di Breme. Alimentato dai ghiacciai del Rosa, è fiume alpino, a regime nivo-glaciale; nel tratto di pianura le sue acque vengono in gran parte assorbite dal terreno alluvionale che le restituisce più a valle, lungo la fascia delle risorgive.

La Sesia, lunga 138 km, ha un bacino di 2900 km²; è un tipico fiume ad alluvioni vaganti. La portata massima di questo fiume fu registrata il 4 settembre 1948 con 3073 m³/s e la minima il 30 dicembre 1946 con soli 2,19 m³/s: mediamente le portate maggiori si hanno in primavera e autunno, le minime in inverno.


I torrenti Agogna, Terdoppio e Arbogna scorrono con la medesima inclinazione dei due fiumi principali e suddividono l'intero territorio in quattro zone: Ticino-Terdoppio, Terdoppio-Arbogna, Arbogna-Agogna, Agogna-Sesia.Sono corsi d'acqua naturali che assolvono funzioni di colatori dei territori attraversati e di irrigazione e per secoli hanno costituito l'ossatura dell'intero sistema irriguo novarese e lomellino prima dell'avvento del sistema dei canali Cavour.

L'Agogna

Il torrente Agogna nasce dalle pendici del Mottarone nella zona alto collinare nei pressi di Gignese e, seguendo l'inclinazione degli altri corsi, passa presso Gozzano, attraversa Borgomanero, tocca Fontaneto, Cavaglio, Cavaglietto, Momo, Caltignaga, Novara, Lumellogno, Monticello, il territorio di Borgolavezzaro e quindi lascia la bassa novarese ed entra in Lomellina sino al Po dopo un percorso di 124 km.

Nei periodi di pioggia l'Agogna si gonfia impetuosamente; le portate di massima piena possono raggiungere ed anche superare i 300 m³/s presso Novara e gli 800 m³/s nei pressi del Po. Questi deflussi, di imponenza veramente insospettata, non possono essere contenuti nell'alveo del torrente, inadeguato, con sponde basse e facilmente erodibili. Ad ogni piena, le acque dell'Agogna, già all'altezza di Novara e per quasi tutto il tratto inferiore, esondano sulle campagne circostanti, con gravi danni alla produzione agricola, alle opere di derivazione irrigua e con pericoli per i territori attraversati.

L'Agogna, durante il suo percorso, raccoglie alcuni scarichi industriali e di fognatura urbana, tra cui quello proveniente dal settore occidentale di Novara: le sue acque sono pertanto soggette ad un progressivo inquinamento. Lungo il suo percorso si incontrano radi boschi di robinie e pioppi che fiancheggiano e sottolineano la tortuosità del suo letto.

Il Terdoppio

Il Terdoppio novarese nasce dai rilievi collinari tra Divignano, Agrate e Conturbia, tocca Suno, Vaprio, Castelletto di Momo, Dulzago, Veveri, Novara,scende pressochè parallelamente all'Agogna e, ad ovest di Trecate, è stato deviato per scopi irrigui in epoca medioevale verso il centro di Cerano, immettendosi nella Roggia Cerana.

Quivi le sue acque si ripartiscono in due piccoli canali, il primo va ad irrigare le campagne di Cerano, disperdendosi in una fitta rete capillare di cavi irrigatori, con un modesto scaricatore nella vallata del Ticino, l'altro si immette nel sistema idrografico terminale della Roggia Mora, ed irriga i campi del territorio di Vigevano. Nel territorio di Sozzago, da vari fontanili (Senella, Refreddo e altri) si riforma un torrente, prima chiamato Refreddo, poi Terdoppio (lomellino), fino a sfociare nel Po. Il tratto terminale è molto interessante dal punto di vista naturalistico ed è caratterizzato da numerosi meandri con fondali sabbiosi. Alcune opere idrauliche limitano gli spostamenti dell'ittiofauna e impediscono la risalita di pesci dal fiume Po.

Le portate massime di piena del Terdoppio all'altezza di Novara sono state accertate in circa 130 m³/s. In tempi di piena le acque del Terdoppio novarese impimguano eccessivamente i modesti alvei delle Rogge Cerana e Mora, nonchè dei vari cavi da esse derivati, allagando, con notevole frequenza, campagne, abitati e strade dei comuni di Cerano, Cassolnovo e Vigevano.

L'Arbogna

A volte accade che le stesse acque di piena del Terdoppio novarese esondino anche più a monte, su vaste zone comprese tra Olengo, Sozzago, Tornaco e Terdobbiate, tenendo così a ricostituire l'antico unitario percorso del torrente. Lo sviluppo del Terdoppio, da Divignano al Po, è di circa 86 km,e, nella bassa, raccogliendo gli scarichi di parte del settore orientale di Novara, compresa l'area industriale, diviene fortemente inquinato tanto che l'utilizzazione irrigua è divenuta sconsigliabile.

Tra l'Agogna e il Terdoppio, poco a sud di Novara, si inserisce un modesto torrente: l'Arbogna. Questo corso d'acqua, dopo aver percorso la bassa novarese orientale e parte della Lomellina, si getta nell'Agogna con la denominazione di Erbognone. Lungo il suo percorso di 48 km tocca i territori di Novara, Garbagna, Nibbiola, Vespolate, Borgolavezzaro e quindi entra in Lomellina. Lungo il suo percorso il torrente dè luogo a frequenti fenomeni di esondazione che interessano importanti vie di comunicazione ed allaga vaste campagne e popolosi abitati.

I fontanili

Per completare il quadro naturale dell'irrigazione nella bassa novarese, tratteremo dell'idrografia freatica che in questi terreni alluvionali dà luogo ad una estesa rete di risorgenza delle acque che segna anche un limite fisico tra l'alta e la bassa pianura, attorno ad un livello variabile da 150 m a 300 m s.l.m. Alla zona di alta pianura, asciutta ed incolta, segue la zona di bassa, fertile ed irrigata, inclinata verso il percorso del Po con maggior pendenza che altrove. Dalle differenze geologiche che distinguono i due tipi di pianura, ne risulta un particolare andamento di idrografia freatica, infatti le acque dei corsi d'acqua alpini e quelle delle precipitazioni nella parte di alta pianura vengono assorbite dalla cimosa alluvionale e formano una falda di acque freatiche che torna ad emergere sul limite esterno di queste alluvioni, all'incontro del terreno impermeabile della bassa, costituendo sull'unghia del conoide, la zona di risorgenza. Le falde freatiche, che scorrono a varia profondità, sono più di una, ma è solo la superiore quella che dà origine ai fontanili.

Il livello di queste acque, nelle zone di risultiva, si trova a due o tre metri sotto le rispettive quote del piano di campagna, ma dopo le estese irrigazioni, le acque di alcune zone freatiche si sono innalzate tanto da raggiungere, al tempo dell'irrigazione, quasi il livello del suolo. Questa zona di risorgenza, la più estesa di tutta la Pianura Padana, oltre la Sesia ha per limite superiore l'unghia del conoide dell'Agogna, tra Carpignano, Briona, Proh, Agnellengo di Momo, Cavaglietto, Cavaglio, Fontaneto, Cressa, quella del Terdoppio tra Suno, Vaprio, Castelletto di Momo e la cascina di Codemonte, mentre poi scende lungo il lato destro del conoide del Ticino la quale, però, sopraelevata com'è, si estende asciutta lungo la linea parallela al suo corso in pianura e dalla cascina di Codemonte prosegue fino a nord di Cerano, toccando Galliate, Pernate, Trecate, quindi la linea superiore attraversa il Ticino per unirsi, ad Abbiategrasso, a quella della pianura lombarda. Nel mezzo di questa depressione non si eleva, asciutta, che una isola del Diluvium antico: quella intorno a Novara, al cui centro stà la città stessa e che si estende a sud sino alla cascina Dossi presso Vespolate e a Monticello.

La ricchezza delle acque freatiche ha portato fin dai tempi più antichi alla utilizzazione di questa per l'irrigazione. Il fontanile è formato dalla "testa", che è una depressione di piccola profondità incisa nella porzione superiore della falda freatica, dall'"asta", che è la parte che riceve lo scolo, e dal "canale", che è il prolungamento dell'asta e incanala le acque per l'irrigazione.Per le proprietà delle acque freatiche di essere relativamente fresche d'estate e tiepide d'inverno, anche tra i rigori invernali è possibile la vegetazione nella bassa. Queste acque infatti sono state a lungo utilizzate nelle marcite dove si manteneva sulle erbe un velo di acqua corrente che mai gela; si usano pure per l'irrigazione delle risaie insieme alle acque di derivazione dai fiumi e dai canali. É stato calcolato dall'Est Sesia che le acque risorgive, insieme alle colature, assommano a quasi il 30% delle acque utilizzate nell'irrigazione della bassa durante la stagione estiva e il 40% nella stagione invernale.

Il clima, la struttura morfologica e pedologica del terreno, l'idrografia naturale e freatica hanno influenzato e determinato in gran parte l'insediamento di alcune colture, quali il riso e le foraggere, queste hanno poi determinato vari elementi del paesaggio tra cui il sistema idrografico artificiale, l'accentuata modificazione del territorio con diboscamenti di vaste aree, il sistema agricolo, la composizione fondiaria, la struttura e l'ampiezza delle case rurali e dei centri abitati. I vari aspetti del paesaggio geografico vengono così a trovarsi intimamente collegati l'uno all'altro attorno a un elemento: il riso.

Il sistema idrografico artificiale

É già stato sottolineato il fatto che, per il tipo di coltivazione predominante nella zona, l'apporto idrico dei fiumi e dei torrenti non sarebbe sufficiente se non fosse integrato da un capillare sistema di distribuzione delle acque in ogni parte del territorio.

Il sistema dei canali e delle rogge e delle numerose rogge molinare ha convogliato, nel comprensorio formato dalla Bassa Novarese e dalla Lomellina, le acque del Po, della Dora Baltea, della Sesia , del Ticino e, quindi, del Verbano che, in caso contrario, avrebbe solo lambito la zona senza apportare un beneficio sensibile all'agricoltura del territorio soggetto ai soli apporti delle precipitazioni e delle già abbondanti acque freatiche.

Roggia Busca

Non si hanno notizie sempre sicure sulle origini dei più antichi canali e rogge costruiti nel comprensorio e sull'impiego delle acque di questi cavi a scopi irrigui. Si parla di una antica derivazione di acqua dalla Sesia esistente già nel secolo XIII° nell'attuale territorio del comune di Vicolungo, chiamata nel 1380 roggia Novarese (rugia Novariensis), oggi roggia Busca.

http://www.estsesia.it/comprensorio/sviluppo.html

Fu costruita dalla Città di Novara, per uso difensivo e di confine con il Vercellese, a mezzo di una diga in pietra a monte di Ghemme; scende a est, passa sotto la Biraga ed entra in Lomellina presso la cascina Bellaria. Molti sono i cavi derivati da detto canale, il quale è uno dei più importanti della Bassa Novarese e della Lomellina. Fu poi ceduta, nel XV secolo, prima ai Visconti, Duchi di Milano, e poi a Luca Crotti. Dopo successivi cambi di titolarità la roggia divenne, nel 1616, di proprietà del milanese Conte Ludovico Busca, che ne conservò la titolarità fino alla cessione alle Finanze dello Stato Italiano nel 1883.La roggia Busca , che è alimentata da un'emissione del canale Cavour, ha una lunghezza di 90 Km.

Dalla Sesia, tra il 1300 e il 1400 vengono derivate anche la roggia Biraga e la roggia Bolgora. Il punto di diramazione ovvero il loro inizio è posto poco a monte dell’ abitato di Carpignano Sesia, a una ventina di km da Novara. Acque sempre limpide con velature più o meno consistenti solo nei periodi di piena della Sesia.

Roggia Biraga

La roggia Biraga fu realizzata per concessione 13 febbraio 1424 della Generale Credenza della Città di Vercelli al Consigliere Ducale Zanino Rizio o Rizzo e a Ludovico de’ Tizonibus di estrarre acqua dalla Sesia per condurla a Vicolungo e a Biandrate soprattutto per azionare i mulini.

Passata poi in totale proprietà a Giovanni Stefano Rizzo, la roggia prese il nome di Rizza; lo stesso Rizzo, insieme a Pietro Birago, ottenne la concessione da Ludovico il Moro (4 marzo 1488) di realizzare la roggia Biraga, che unita alla Rizza formò la roggia Rizza-Biraga. La titolarità della parte spettante al Birago passò poi al Capitolo della Cattedrale di Vigevano, che la mantenne fino all’avvento di Napoleone. La Famiglia Boschi, che successivamente ne aveva acquisito la proprietà, la cedette poi all’Amministrazione dei Canali Cavour nel 1883.

Viene estratta dalla Sesia presso Carpignano e riceve acque dalla Busca e da altri affluenti per cui il suo corso si ingrossa e prende il nome di Biragone. Non lontano da Granozzo la Biraga si divide in due rami, prendendo quello a destra il nome di Rizzo-Biraga, quello a sinistra il nome di Biraghetta, bagnando, ciascun ramo nella propria direzione, i territori novaresi e lomellini. Questa roggia ha una lunghezza di circa 59 Km.

Roggia Mora

L'origine di questo canale risale ad un periodo antecededente a Ludovico Sforza detto il Moro, perché secondo un testamento del settembre 1374, che si conserva nell'archivio capitolare di Vigevano, è già nominato con il titolo di "rugiam mora". Infatti pare che mora da etimo ario dovrebbe indicare acqua.

La roggia Mora venne realizzata nel suo tratto attuale a seguito del diploma di Gian Galeazzo Sforza del 15 novembre 1481, che autorizzava Ludovico il Moro, zio e luogotenente del piccolo Duca, ad estrarre e derivare dalla Sesia tutta l’acqua che volesse e ad utilizzarla a suo piacimento nelle proprietà sforzesche del Vigevanasco.

Per questo scopo Ludovico utilizzò la roggia, già esistente dal XII secolo, che portava le acque della Sesia a Novara realizzando nel 1487-1488 i lavori di ampliamento e di prolungamento di tale alveo, dopo aver stipulato appositi accordi con la Città di Novara per la salvaguardia della sua dotazione idrica. Quindi Ludovico, spinto dalla necessità d'irrigare sempre meglio i sui possedimenti, ampliò, arricchì e completò questa rete di canali (e questo dà a pensare che di tali lavori fosse esso stesso l'ideatore).

La derivazione di proseguimento che innaffia buona parte del Novarese e del Vigevanasco e chiamata al suo inizio la Roggia Nuova, sorpassa il Canale Cavour e, passando all'est di Novara, attraversa il Terdoppio in direzione di Trecate diramandosi poi in tre bracci fra cui la Mora che percorre il territorio di Cassolnovo, e ingrossata dalle sorgenti, entra in quello di Vigevano scendendo quindi alla Sforzesca, ove nell'omonimo naviglio si immette dopo un corso di circa 60 Km.

Il Naviglio Sforzesco

Derivato dal Ticino tra Galliate e Trecate, ha un percorso di 27 chilometri che lo porta, dopo un tratto in cui scorre parallelo al fiume, alla città di Vigevano e poi al tenimento della Sforzesca ove, riunendo altre acque provenienti dalla Sesia (roggia Mora), dal torrente Terdoppio e dai fontanili, dà origine ad una capillare rete irrigua che giunge fino al Po.

La sua origine deve essere collocata nel 1445, per iniziativa del Comune di Vigevano, che poi lo donò al Duca Francesco I Sforza. Verso la fine del XVI secolo e maggiormente nel corso del XVII secolo, l’aggravarsi della situazione politica e di conseguenza il malgoverno della dominazione spagnola e il susseguirsi di calamità di ogni genere (guerre, carestie, pestilenze), provocarono nell’intera Pianura Padana una grave crisi che ebbe come conseguenza, tra l’altro, l’arresto delle iniziative irrigatorie.

Il Naviglio Langosco

Tra le pochissime opere irrigue realizzate in questo periodo, è da ricordare il Naviglio Langosco, la cui esecuzione ebbe inizio nel 1613, per concessione di Filippo III, Re di Spagna e Duca di Milano, al Conte Guido Langosco per la derivazione di 24 ruote d’acqua dal fiume Ticino. Fin dall’inizio della sua esecuzione si riscontrarono notevoli difficoltà, soprattutto di carattere finanziario, per cui il Conte Langosco si vide costretto a cedere via via quote della dotazione idrica dell’acquedotto, gettando così le basi per una gestione “condominiale” del canale.

La lentezza con cui procedevano i lavori e la morte del Conte fecero temere per la conclusione dell’opera, che nel 1656 fu completamente abbandonata in stato di totale inattività. Solo la tenace volontà dei “Condomini”, guidati dall’Ospedale San Matteo di Pavia, permise il completamento del canale nel 1665, dopo oltre cinquant’anni dal suo inizio.

Nei secoli successivi numerose furono le iniziative irrigatorie legate, oltre che allo sfruttamento delle acque dei tre torrenti (Agogna, Arbogna e Terdoppio) che solcano in senso longitudinale il comprensorio dell’Est Sesia anche all’uso delle acque sotterranee attraverso l’apertura dei caratteristici “fontanili”.

I Canali Cavour

Compiuta l’unità d’Italia (1861), un apporto decisivo per il completamento dell’irrigazione nel comprensorio dell’Est Sesia venne dato dalla costruzione (1863-66) del grande canale Cavour, derivato dal fiume Po a Chivasso. Si è trattato di un’opera veramente colossale portata a termine in tempi brevissimi, considerati i limitati mezzi tecnici ed economici a disposizione, che completò, unitamente ai suoi diramatori, la trasformazione irrigua dell’intera pianura novarese e lomellina. Per completare la distribuzione dell'acqua del Cavour verso sud, tra il 1870 e il 1874 fu costruito un altro canale, denominato Quintino Sella, a pochi metri dal torrente Terdoppio, presso Veveri.

Nei tempi più recenti, per fronteggiare da un lato le maggiori richieste d’acqua dovute all’estensione della coltura del riso, dall’altro le ricorrenti carenze di portata manifestate dal canale Cavour, si diede avvio, contemporaneamente alla costruzione della diga di regolazione del lago Maggiore nel 1938, alla costruzione di un nuovo canale derivato dal Ticino, il canale Regina Elena, entrato in funzione nel 1954. Il canale Regina Elena si immette nel Cavour poco prima dell'uscita del Quintino Sella.

Ma i sempre maggiori fabbisogni idrici per l’irrigazione e la riduzione delle portate utili dei fiumi alimentatori hanno imposto l’ampliamento ed il prolungamento del diramatore del canale Regina Elena denominato Alto Novarese.